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Allergeni alimentari: dal 13 dicembre obbligo di segnalazione per i locali

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Dal prossimo 13 dicembre entrerà in vigore il regolamento CEE1169/2011 in base al quale anche la ristorazione italiana dovrà informare la propria clientela sugli allergeni alimentari eventualmente presenti nei piatti serviti. Non tardano ad arrivare le polemiche e preoccupazioni da parte di gestori di locali e operatori del settore

Glutine, lattosio, uova, soia, sedano, senape, semi di sesamo e ancora pesce, crostacei e molluschi, arachidi e frutta a guscio. Anche la ristorazione italiana dovrà informare la propria clientela sugli allergeni alimentari, eventualmente presenti nei piatti serviti. Dal prossimo 13 dicembre 2014 entrerà, infatti, in vigore in tutti i Paesi membri il regolamento CEE1169/2011 per garantire maggiori tutele ai tanti cittadini, in Italia ben otto milioni, che soffrono di allergie e intolleranze alimentari e consentire al contempo la libera circolazione degli alimenti legalmente prodotti e commercializzati.
 
Pubblicato nell’ottobre 2011, il regolamento CEE1169/2011, d’ora in avanti  denominato FIAC, prevede che per i prodotti somministrati o venduti sfusi il livello minimo di informazione sia l’indicazione degli allergeni utilizzati nella preparazioni, lasciando agli Stati membri la facoltà sia di richiedere ulteriori indicazioni, sia di scegliere la forma con cui questi dati debbano essere resi disponibili ai consumatori.
 
In arrivo una vera rivoluzione che vedrà coinvolte oltre alle aziende che producono e imballano, anche quelle che cucinano e somministrano: dalle mense scolastiche ai bar e pasticcerie, dai ristoranti agli agriturismi per arrivare fino ai treni, gli aerei e le navi. Non tardano ad arrivare i dubbi e le polemiche dei ristoratori e operatori del settore, preoccupati dall’impatto economico che tale normativa comporterà e dal rischio di un peggioramento generale della qualità della ristorazione. Il timore più diffuso, infatti, riguarda la freschezza e genuinità degli alimenti, che potrebbe venire sostituiti dai più “sicuri” prodotti preconfezionati e standardizzati.
 
«Non facciamo i chimici, il nostro è un mestiere artigianale. Ciò che rende celebre l'enogastronomia italiana è la ricchezza degli ingredienti locali che cambiano a ogni stagione e l'estro ai fornelli: codificare i piatti tipici, svilirli in una formula sempre uguale neanche fossero dei medicinali è mortificante», commenta Massimo Zanon, ristoratore e presidente della Confcommercio Veneto, regione da cui è partita la rivolta delle 300mila imprese del nostro Paese tra trattorie, bar, tavole calde, catering, mense, pizzerie e pub sul piede di guerra.

Dello stesso avviso il presidente della Regione Veneto Luca Zaina, che, schierandosi dalla parte di ristoratori, Confcommercio e Confesercenti, si è scagliato contro la normativa europea: «Una follia da burosauri che coinvolgerà tutta la filiera di produzione, imballo, cucina e somministrazione di alimenti e bevande, arrivando persino agli ospedali con costi per gli esercenti non inferiori a 50 milioni di euro e con dei menu molto più simili alla Treccani».  
 
Per evitare pericolosi allarmismi e correre subito ai ripari Confcommercio ha chiesto al governo un decreto urgente, che, come in altri Paesi europei, introduca per gli alimenti non pre-imballati, e pertanto preparati al momento, la possibilità di comunicare a voce la lista degli allergeni. Il che semplificherebbe non di poco la questione e soprattutto i possibili costi della comunicazione per iscritto, da aggiornare ad ogni minima modifica di una potenziale ricetta.
 
Validata dal Ministero della Salute e inserita all’interno del manuale di corrette prassi igieniche (HACCP), la Fipe ha inoltre predisposto una metodologia di comunicazione degli allergeni dei prodotti somministrati e un software di gestione del problema, a disposizione del sistema associativo, per fornire un concreto aiuto a ristoratori, baristi, pasticcieri, gelatieri e gastronomi.  
 
Fondamentale del resto la trasparenza nei confronti del consumatore e il discorso della salute, ma non devono essere persi di vista i termini di fattibilità nell'applicazione della normativa comunitaria né danneggiato un settore di grande creatività, nonchè trainante per l'economia nazionale. Specialmente in un momento storico così delicato per il nostro Paese.

di Alessandra Cioccarelli

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