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Al ristorante La Credenza l'architettura si fa nel piatto

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Utilizzare l’architettura come strumento di comunicazione culinaria. È questa la sfida del ristorante La Credenza dove Giovanni Grasso e Igor Macchia danno vita a costruzioni meravigliose, con impalcature di sapori e finestre che spalancano al palato l’esistenza di nuovi connubi e consistenze, di inebrianti profumi e sensazioni


La scelta del nome di questo ristorante non è certo stata lasciata al caso. La Credenza, infatti, è un mobile, anzi il mobile per eccellenza che evoca intimità e calore familiare. In questo modo, entrando nel ristorante di San Maurizio Canavese, alle porte di Torino, si ha la piacevole sensazione di arrivare a casa. L’anima dicotomica de La Credenza segue due tendenze: tradizione e creatività; dai piatti al menù, fino all’arredamento tutto ruota attorno a questi due elementi.
 
Giovanni Grasso e Igor Macchia, l’uno in sala, l’altro in cucina sono i responsabili del successo che da anni contraddistingue La Credenza. Se il primo è più affine all’anima tradizionale prediligendo i prodotti del territorio e le ricette tramandate di madre in figlia, Igor, che ormai è di casa nella terra del Sol Levante, è la parte fantasiosa della coppia e crea piatti che danno vita a – così lo prende in giro Giovanni - «Una cucina fusion, non confusion». Il risultato è una cucina personale e innovativa che stupisce al punto da fare ottenere già nel 2006 il primo ambito riconoscimento della Stella Michelin. La cucina della Credenza è fatta di studio, confronto, sperimentazione ricerca e passione. Dopo oltre 20 anni dall’apertura, il ristorante si è distinto per la voglia di sperimentare e guardare al futuro, levandosi da dosso la nomea di “piemontese bugia nen” (il luogo comune voleva che si apostrofassero così i piemontesi, cioè come persone restie alla mondanità), pur rimanendo radicato a tradizioni e territorio.

  La coppia in questo momento sta lavorando sul concetto di “architettura nel piatto”, idea che sembra una trovata dell’ultim’ora, ma che, in realtà, ha radici ben più profonde. Nei tempi antichi si chiamava “banchetto spettacolo” e si trattava di una grande tavola imbandita in maniera persino eccessiva per stupire gli ospiti e magnificare il potere di principi e re: l’arte di ricevere era lo strumento delle pubbliche relazioni ante litteram e il banchetto si trasformava in spettacolo e teatro delle meraviglie. Utilizzare l’architettura come strumento di comunicazione culinaria, si traduce nel piatto in costruzioni meravigliose, con impalcature di sapori e finestre che spalancano al palato l’esistenza di nuovi connubi e consistenze, di inebrianti profumi e sensazioni.
Igor Macchia ama proporre architetture che a volte richiamano il rigore geometrico, mentre altre richiamano panorami naturali e scorci di natura in cui il colore serve a dare luce e risalto agli ingredienti: ogni piatto, anzi ogni boccone è un’ opera d’arte per la vista, per l’olfatto, ma soprattutto per il palato. Da assaggiare, ad esempio, la circolarità rappresentata dalla battuta di fassone, la verticalità dei gamberoni, la struttura dell’insalata di cavolo, puntarelle e pollo, solo per citare alcuni piatti architettonici.

Ristorante La Credenza
via Cavour 22
10077 San Maurizio Canavese (Torino)
www.ristorantelacredenza.it
 
di Silvia Galli


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