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Giudici di un concorso di birre artigianali? Ecco come si diventa!

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Sono tanti i concorsi - alcuni seri, altri meno - che vedono protagoniste le birre artigianali. Ma come si diventa giudici di un concorso di birre artigianali e come avvengono gli assaggi? In alcuni casi a comporre la giuria sono chiamati giornalisti e scrittori del settore, in altri sono gli stessi birrai che vengono interpellati per esprimere un giudizio sulle birre degli altri produttori...

I concorsi che vedono protagoniste le birre artigianali sono molti, alcuni seri, altri meno, come già spiegavo in un articolo precedente, ma… come si diventa giudici di un concorso di birre artigianali?
 
Anzitutto faccio un po’ di chiarezza. Durante un concorso, le birre sono divise in categorie,  assaggiate da un panel di giudici e, nella maggior parte dei casi, anche da più panel che seguono i dettami dell’organizzazione. Gli assaggi avvengono alla cieca, cioè i giudici non sanno che birra stanno degustando.
 
Al Mondial de la Biere (importante concorso collegato a un importante festival, nato a Montreal e ora esportato anche in Francia e in Brasile) non esistono nemmeno le categorie, è un tutti contro tutti, e il bicchiere è scuro, cioè si salta l’esame visivo.
In molti contest, anche i birrai sono chiamati a giudicare (l’organizzazione fa attenzione a non fargli giudicare le sue stesse birre), poi giornalisti e scrittori di settore, esperti di varia estrazione che sono diventati giudici grazie all’esperienza maturata negli anni. Nel mio caso, la chiamata è arrivata in modo naturale dopo le prime serate, le prime lezioni ai corsi, qualche giuria di birre prodotte in casa e poi i primi concorsi per professionisti.
 
Fare i giudici di un concorso di birre artigianali, però, non è divertente come ci s’immagina. Non è che si vada a sbevazzare a scrocco; in realtà si passano le giornate a suon di micro assaggi per capire ogni birra nel minor tempo possibile, senza perdere concentrazione, visto che devi giudicare la prima birra come l’ultima, ovviamente senza ubriacarsi e, nella realtà dei fatti, arrivando alla fine con la sensazione di non aver potuto bere un sacco di capolavori! D’altronde esistono occasioni per bere e altre per degustare e giudicare.
 
La maggior parte dei concorsi in giro per il mondo stabiliscono le categorie in cui inserire le birre, sul BJCP (www.bcjp.org) un ente americano che cataloga e monitora gli stili delle birre e fornisce anche strumenti, corsi e soprattutto esami per diventare giudici BJCP. In Italia abbiamo un giudice che è passato da questa trafila, diplomandosi alcuni anni fa: Gianriccardo Corbo, homebrewer per passione (continua a farsi le birre in casa), oggi presidente MoBI (l’associazione dei consumatori di birre artigianali) nonché fantastico compagno tanto di bevute quanto di alcune giurie. È passato tanto tempo da quando lo conobbi, giovane sbarbatello, al bancone del famigerato Ma che siete venuti a fa di Roma. Saporie.com lo ha intervistato per capire qualcosa di più di questo mestiere. - Gianriccardo, quale deve essere l’approccio dei giudici di un concorso di birre artigianali?
«La metodologia di valutazione che insegna il BJCP è molto strutturata, collaudata, analitica e standardizzata. Parole che possono apparire "gelide" se accostate al "caldo" contesto del piacere che può dare l'esperienza gustativa, ma fattori essenziali per poter misurare (sì, misurare) la correttezza e la bontà di una birra. Siamo umani e non macchine, ma un approccio degustativo standardizzato riesce a oggettivare abbastanza bene la cosa più soggettiva al mondo che è la degustazione. Il BJCP è specializzato nel certificare giudici per concorsi in ambito birrario mentre altre scelte, come i percorsi Doemens e soprattutto Cicerone, spaziano su un panorama più ampio (servizio, degustazione, selezione e gestione del prodotto) e forse sono maggiormente consigliabili a chi intenda lavorare in locali birrari. Non escludo di iniziare il programma Cicerone a breve».
 
- Come giudichi adesso le birre?
«Mi è cambiata la forma mentis che adesso applico anche nelle degustazioni di prodotti diversi dalla birra. Aver studiato per diventare giudice BJCP mi ha dato tanto ma ci tengo sempre a precisare che è solo un punto di partenza. La vera formazione è sul campo: bisogna viaggiare, assaggiare le birre sul posto, parlare con birrai e publican. Ho imparato tantissimo dal confronto con altri giudici quando sono in giuria nei concorsi birrari».  
 
-Visto che sei anche presidente di MoBI e mi hai appena detto che “occorre un approccio degustativo standardizzato” non credi che sia tempo di fare ordine anche nei vari corsi in Italia dedicati agli appassionati di birre artigianali?

«Come MoBI, abbiamo già contattato le maggiori associazioni di settore con l'intento di arrivare a un consensus su programmi didattici, materiale didattico e definire un percorso comune di corsi di degustazione. Ma tutto ancora deve essere deciso e impostato. Per adesso è solo una proposta di cui MoBI si è fatto promotore».
 
Insomma, giudici non si nasce, si diventa, ma se avete poca pazienza, molta passione e una gran voglia di imparare, l’esame BJCP può essere la soluzione che fa per voi. Sappiate che per febbraio 2017 è previsto un esame in Italia (www.movimentobirra.it/pagina.aspx?id=21). Chissà che entriate a far parte della pattuglia di giudici che s’incontra tra i tavoli dei vari concorsi, in giro per il mondo.
Essere poi confermati nei vari concorsi e chiamati in altri non è scontato, il pezzo di carta non basta e ancora più importante: la birra, quella artigianale ancora di più, va soprattutto assaggiata, assaporata, gustata e capita prima ancora che giudicata.
 
di Andrea Camaschella

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