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L'olio di palma fa male si o no? Ecco pro e contro secondo gli esperti

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Olio di palma, fa male si o no?

C’è molta confusione sul concetto di olio di palma. Fa davvero male come ci hanno abituati a pensare? Abbiamo chiesto a due esperti, il medico Sara Farnetti e il professor Renato Bruni, di aiutarci a fare chiarezza per sfatare le false leggende e acquisire una nuova coscienza alimentare



L’olio di palma fa male o no? Che cos’è e dove si trova? L’olio di palma è un olio vegetale che, come tanti alimenti ricchi di grassi saturi, non nuoce alla salute se consumato nella giusta misura. Come tutti sappiamo, è soprattutto il risultato complessivo della nostra dieta e delle nostre abitudini alimentari a fare la differenza. Secondo la Fondazione Umberto Veronesi e l’Istituto Superiore di Sanità, l’olio di palma non è un alimento malefico contro cui puntare (inutilmente) il dito, ma semplicemente un ingrediente che, come tanti altri, bisogna assumere senza eccessi e con cognizione di causa per evitare inutili rischi cardiovascolari. 

Occhio ai grassi saturi

Il valore che andrebbe tenuto sotto controllo, invece, è il consumo di grassi saturi e la loro incidenza sul totale delle calorie ingerite nell’arco della giornata, che non dovrebbe superare il 10% dell’introito quotidiano. Perciò, se sappiamo di ingerire grassi saturi attraverso molti alimenti nell’arco della nostra giornata, è bene scegliere alimenti che specifichino chiaramente sull’etichetta che si tratta di prodotti “senza olio di palma”. Ma cosa significa “senza olio di palma”? Semplicemente, che per la conservazione e la produzione dell’alimento in questione non è stato aggiunto questo tipo di olio vegetale. E’ importante, però, controllare lo stesso i valori nutrizionali del prodotto, nello specifico la voce dei grassi saturi. Solo così sapremo le quantità giuste da ingerire.

Cos’è l’olio di palma e cosa contiene?

Ma cos’è, di preciso, l’olio di palma? Quante e quali varianti si trovano sul mercato e in quali alimenti è contenuto? Per chiarire i nostri dubbi ci siamo affidati al parere di due studiosi dell’argomento: Sara Farnetti, medico internista esperta in nutrizione funzionale medica e Renato Bruni, ricercatore in botanica e biologia farmaceutica dell’Università di Parma. 

Come si produce l’olio di palma?

L’olio di palma è un olio vegetale che può essere estratto dai palmisti (ovvero i semi) o dalla palma (il frutto vero e proprio) con diverse tecniche che ne modificano la salubrità. Ci sono diverse considerazioni da fare. Innanzitutto, un olio da frutto è sempre più pregiato di un olio estratto da semi. Per quanto riguarda la sua composizione, sappiamo che l’olio di palma è composto per metà di acidi grassi saturi, per il 40% per da acidi grassi monoinsaturi e per il 10% da acidi grassi polinsaturi. 

Olio di palma e burro a confronto

Anche il burro ha una composizione molto simile a quella appena descritta. L’Istituto Superiore di Sanità, infatti, ha affermato che non ci sono evidenze dirette che l’olio di palma, come fonte di grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto a ingredienti dalla simile composizione, come per l’appunto il burro. Perciò, tornando alla domanda iniziale: “L’olio di palma fa male o no? E quali sono le controindicazioni dell’olio di palma?” Possiamo rispondere che l’olio di palma, di base, non è un alimento nocivo per la nostra salute; è il suo consumo smodato che genera controindicazioni. Come sappiamo bene, è la qualità complessiva della dieta, che deve tenere sotto controllo il consumo di grassi saturi (ma non solo), a fare la differenza sul rischio cardiovascolare e su molte altre patologie legate a un eccessivo consumo di grassi.

Olio di palma e olio d’oliva a confronto

Secondo la Dottoressa Farnetti, la palma contiene circa la metà dell’acido grasso oleico dell’olio di oliva. Il resto sono grassi saturi (oltre al 9% di acido linoleico precursore degli omega 6), che sono stabili anche ad alte temperature (contrariamente agli oli vegetali); non ci sono dubbi sull’effetto salutare dell’extravergine di oliva, ma non ci sono neppure chiare evidenze che i grassi saturi facciano male, anzi, non sembrano correlati a malattie cardiovascolari. Vanno solo usati in modo consapevole.

Olio di palma per cucinare

Come abbiamo detto, l’olio di palma è ricco di grassi saturi e la sua composizione particolare, simile ad esempio a quella del burro, lo rende stabile anche ad alte temperature. Perciò, l’olio di palma è un prodotto che può essere facilmente usato per cucinare, soprattutto per friggere, perché le sue caratteristiche fanno sì che sia più difficile bruciarlo. 

 


Olio di palma: pro e contro sulla sostenibilità ambientale

Tra le critiche mosse contro l’olio di palma, c’è anche quella che riguarda la sua sostenibilità ambientale. «Il discorso sulla deforestazione - ci spiega il Professor Bruni -  riguarda qualsiasi coltivazione, compresa la palma. La deforestazione dell’area amazzonica per far spazio a piantagioni di soia, ad esempio (ma anche di ananas e cocco), sta ricevendo meno attenzione mediatica, nonostante il suo impatto e non sono in atto campagne per il boicottaggio dei prodotti a base di olio o proteine di soia. Il problema è dove coltivare e a discapito di cosa.

Per tutte le certificazioni sarebbe auspicabile vietare la creazione di nuove piantagioni a scapito della foresta. Bisognerebbe obbligare le nazioni che possiedono ancora foreste tropicali a non abbatterle, a costo di pagare per farlo.  Soprattutto, però, il problema sono i consumi complessivi: siamo troppi a mangiare troppo e avviamo nuove coltivazioni là dove non dovremmo».

 Ma allora perché tanta confusione?

Il motivo per cui improvvisamente abbiamo iniziato a occuparci di olio di palma deriva da un regolamento introdotto nel 2011 che tutto a un tratto ha reso nota la presenza di olio di palma in diversi prodotti alimentari (di cui, però, già conoscevamo i valori nutrizionali complessivi). Come racconta la Dottoressa Farnetti, il regolamento 1169/2011 sull’etichettatura ha imposto di descrivere ai consumatori il valore nutrizionale degli alimenti specificando la natura dei grassi e degli zuccheri, che fino a poco tempo prima sulle etichette era indicato con la sola denominazione indecifrabile di olio vegetale. Ci siamo mai chiesti quale sia la qualità di altri olii come quello di mais o di girasole, ad esempio? O quali sono gli standard di qualità ai quali dovrebbe corrispondere un olio vegetale? Per esempio, solo una decina di anni fa i grassi TRANS sono stati dichiarati tossici e in molti paesi (ma non tutti) sono stati vietati. Eppure nessuno si domanda che effetti abbiano i residui di solventi usati per l’estrazione. Il problema vero è la mancanza di standard di qualità e di tracciabilità

<<Per un periodo, siamo tutti andati a caccia dell’olio di palma, che è diventato il capro espiatorio di un uso smodato dei grassi senza una reale tutela per il consumatore. Il problema però scompare dietro alle opinioni di chi lo difende e chi è contro. Boicottarlo ci fa sentire consumatori informati, in grado di difenderci dal gigante dell’industria, ma questo non ha nulla a che vedere con la salute pubblica>>.

Perché anche nella letteratura scientifica c’è tanta divergenza?

Risponde il Professor Bruni:«Perché non è chiaro qual è l’olio utilizzato per lo studio – se integrale, raffinato, frazionato – per cui si corre il rischio di confrontare situazioni che in realtà non sono paragonabili. Un conto, insomma, è l’olio che esce dalla palma e un altro quello che finisce nei nostri alimenti, sebbene la normativa sull’etichettatura per il momento non obblighi a indicarne il grado di raffinazione o frazionamento.

L’olio di palma integrale a livello salutistico è da preferire a quello raffinato e frazionato; da noi, tuttavia, non viene impiegato perché dona un colore rossastro agli alimenti che non fa parte della nostra tradizione e perché è più redditizio per le aziende ricavare dall’integrale un raffinato. Così facendo si eliminano i problemi di rancidità e off-flavours, ma  anche carotenoidi e vitamine. Quanto al frazionamento il suo grado è variabile, possono dunque esistere “oli di palma” più o meno ricchi in acidi grassi saturi o insaturi. Vista l’eterogeneità dei sottoprodotti, sarebbe importante, quindi, dichiarare in etichetta quale tipologia di olio di palma si stia usando».



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